Fotografare gli animali, soprattutto se l’attrezzatura (v. zoom) non è delle più adatte, non è banale. Contrariamente a piante, fiori, paesaggi, campanili delle chiese, hanno il brutto vizio di scappare. E questo dice tutto.
Una delle mie esperienze più “drammatiche” ha riguardato un Airone Bianco all’Oasi WWF di Orti – Bottagone vicino a Piombino… o meglio, sulla provinciale che ci passa nel mezzo.
In pratica mentre sto guidando e ho un po’ di tempo vedo l’ignobile bestiaccia che sta lì bello, candido, impalato… occhio vispo e becco giallo a tre passi dalla provinciale.
Fermo la macchina. E lui fermo. Scendo. E lui immobile. Prendo la macchinetta. Tutto ok. Attraverso, col rischio di essere “potata” dal primo furgone della Mukki di passaggio… la bestia, insomma, sembrava impagliata.
Arrivo sul bordo della strada e accendo la fotocamera. Mi fa un “zzz” quasi impercettibile. E l’infame essere risponde facendo “SQUAAAA” e volandosene tipo in Corea.
A quel punto l’appropriata conseguenza sarebbe stata prendere il cellulare e “pronto, Arcicaccia? Senta, c’avrei gente a cena…”.
Da lì e da altre esperienze (ad esempio un quarto d’ora sdraiata nell’erba, sassi, terra, per fare uno scatto sfocato a quattro gruccioni sul filo del telefono) ho inteso che per gli uccellacci, ma anche per parecchi altri animali l’unica soluzione è una macchina con uno zoom a modo (ottico, non digitale che sfoca / sgrana e basta)…
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